di Lorenzo Parolin[S3/113]
I ricchi, gli intelligenti, i forti, i furbi, i belli, i nobili, i sani, i bianchi, i maschi ecc. credono tutti di appartenere ad una razza superiore al resto della massa e di avere quindi il diritto-dovere di dominarla, di usarla e di godere di privilegi, perché sarebbero stati prescelti e baciati dalla fortuna. Niente di più fuorviante, hanno solo ricevuto gratuitamente dalla Natura dei talenti in quantità e qualità differenti dagli altri ed hanno quindi il dovere di farli fruttare e di restituirli moltiplicati al Padrone che glieli ha affidati (parabola dei talenti, Mt 25,14). Il Padrone, tuttavia, è magnanimo, ed ha disposto che quanto spetta a Lui sia devoluto in beneficienza a chi ha avuto pochi talenti: “Ogni volta che avete fatto questo a uno dei più piccoli di questi fratelli, l’avete fatto a me”. (Mt 25,40). In questo modo, pur avendo Egli fatto gli esseri umani disuguali alla partenza, ha predisposto per tutti la pari dignità all’arrivo. Ne discende che i gruppi dominanti devono astenersi dallo sfruttare le masse, anzi, devono prodigarsi per il loro benessere; in caso contrario ne soffrirebbe la felicità di tutti. Il ricco è il custode del povero, e il povero ben custodito è il passaporto per la felicità del ricco. Così ha disposto la Natura: che lo stare bene degli uni dipenda dallo stare bene degli altri. Bella condanna! Alla fine, il diritto che molti accampano a vivere senza lavorare, e a farsi servire, è un limite, più che un privilegio.
[rif. www.lorenzoparolin.it S3/113]