di Lorenzo Parolin[L8/875]
Come dice il Dottore Angelico: “ Il superbo è innamorato della propria eccellenza”. E anziché rendere culto a Dio, lo rende al proprio “io” potenziando sé stesso e disprezzando cinicamente gli altri. Incapace di autocritica, il superbo addossa tutte le colpe agli altri, rei di non comprendere il suo talento. Egli si sente innocente e perseguitato ingiustamente. L’amore per sé stesso e la poca considerazione per gli altri lo porta ad isolarsi e a condurre una vita grama e triste. Il suo sguardo è tenebroso, il suo atteggiamento è scontroso, e cova nell’intimo rancore e frustrazione. Se poi tra i soggetti che gli gravitano attorno ce n’è qualcuno con qualità che egli (il superbo) non ha, ma che desidererebbe avere, sviluppa invidia : il peccato dei peccati, il vizio responsabile delle deformità presenti nel nostro mondo. In-vidia significa guardare con occhio malevolo: non tollerare la presenza dell’altro. L’invidioso non sopporta che il suo ideale inconfessato si incarni in un altro, anche se, nel non reggere la vista dell’invidiato, egli
“… riconosce implicitamente, senza mai ammetterlo, l’eccellenza di chi invidia, e si tormenta dell’impossibilità di raggiungere lo stesso prestigio”. (Massimo Recalcati)
E se la presenza dell’invidiato è ingombrante, l’invidioso cerca di offuscarne l’immagine con il parlarne male, gettando fango sul suo operato od emarginandolo. Inoltre tende ad attorniarsi di sempliciotti e di incapaci affinché, nella notte, la sua stella brilli di più. Se poi l’invidioso è un uomo religioso, si maschera di falsa umiltà ed esibisce il suo impegno sociale e liturgico come manifestazione di moralità superiore, tesa a provocare nell’invidiato un senso di colpa e di indegnità. La tristezza, però, lo perseguita.
Nel leggere articoli di questo tipo, tutti li riteniamo confezionati su misura per qualche nostro conoscente. Sforziamoci invece di identificare i destinatari in noi stessi!
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