di Lorenzo Parolin[L8/771]
Egoismo è voler fare tutto da soli, è non voler avere bisogno di nessuno, è sentirsi bastanti a sé stessi. È vero che la natura ci ha dato tante buone qualità, ma molte altre le ha assegnate a chi ci sta attorno, il quale è invece carente di quelle che possediamo noi. Siamo dunque fatti per completarci a vicenda! Ma se da presuntuosi non accettiamo i nostri limiti e non chiediamo aiuto al prossimo (o non ci lasciamo da esso aiutare), la nostra vanità e il nostro orgoglio vengono rafforzati dalle forze malefiche che scalpitano fuori di noi e veniamo letteralmente riempiti/invasi dal demone della superbia che va a braccetto con quello dell’ invidia , dell’ ira , del rancore, della vendetta e della cupidigia a formare quello che comunemente chiamiamo odio .
Oltre al male congenito che sta dentro di noi c’è il Maligno che soffia su di esso per amplificarlo. I nemici da combattere, dunque, sono due: l’inclinazion e al male e il soffiatore/tentatore . Per sgonfiare l’uno e resistere all’altra, serve chiedere aiuto al Supremo e mettersi sotto la sua protezione. Da soli si viene sopraffatti. (L8/760)
L’odio, dunque, essendo il frutto dell’associazione di più vizi capitali e dei dèmoni relativi, a ragione viene definito sentimento demoniaco, mentre il suo contrario, l’amore, è attributo divino. Questi due sentimenti opposti sono entrambi presenti a livello di germe nell’animo umano: l’odio, a causa della Tara Originale; l’amore, a causa della Scintilla Divina in dotazione a tutti. Sta al singolo, con l’esercizio della sua libertà , coltivare l’uno o l’altro. In ultima analisi, chi odia lo fa per debolezza, ma anche per libera scelta. Attenzione! Se non si riesce a vincere le inclinazioni cattive finché il maligno è fuori di noi, è poi quasi impossibile cacciarlo quando si è impossessato di noi; in tal caso, la marcia verso l’odio puro e verso la morte spirituale diventa inarrestabile. Analizziamo ora, per quanto sia possibile, come insorge e come evolve l’odio. Sono circa cinque anni che tengo sotto osservazione un marito che perseguita l’ex moglie, due sorelle in guerra con la cognata, e un fratello che spara bordate contro la sorella maggiore. Ciò che più mi incuriosisce e mi sorprende è che le vittime dell’odio abbiano sempre fatto del bene ai loro futuri odiatori. Come spiegare una simile anomalia? C’è da dire che vedendo la situazione di debolezza, di immaturità e di difficoltà caratteriali dei loro congiunti/famigliari, le tre future odiate avevano sempre pensato loro a tutto con grande naturalezza come farebbe una buona mamma con un figlio, ma evidentemente, a lungo andare, costoro si sono sentiti trattati come degli handicappati. Allora i “beneficati” hanno puntato i piedi, come fanno i ragazzi di sedici anni, e hanno incominciato a prendere delle decisioni avventate in contrasto con quelle dei loro “tutori” per affermare la loro indipendenza. E nonostante le loro scelte fossero maldestre, ne sono andati ugualmente orgogliosi. Quando un simile fatto avvenga nell’età dello sviluppo, il genitore sopporta e dice: ok, sta maturando. Ma se questa mutazione esplosiva avviene in età tardo adulta può trattarsi di uno sfogo di sentimenti a lungo repressi in teste con doti limitate e rimaste infantili. Non è più l’espressione di un male acuto passeggero, ma l’emersione di un tarlo che ha covato a lungo al buio ed ha roso l’anima. Il Maligno, insediatosi in sordina, alla fine pontifica. Potrà sembrare strano, ma come dice l’amico Francesco Lamendola (in un bell’articolo apparso sul Corriere delle Regioni dal titolo “La Natura dell’Odio”, da cui ho tratto spunti), “non si odia veramente se non colui che ci ha beneficati”. Egli è reo di averci umiliati aiutandoci senza aver chiesto il permesso di farlo, o di avercelo fatto in un modo non gradito: facendocelo pesare. Quelli che odiano non si accontentano del generoso aiuto, non dovuto , ricevuto quando non erano in grado di badare a sé stessi, ma disquisiscono sulla forma sostenendo che era soverchiante. Negano di averne mai avuto bisogno e dicono di aver lasciato fare per magnanimità. Dopo che l’hai fatto crescere, il beneficato vuole dimostrarti che non ne aveva bisogno , che era ed è in grado di fare senza di te, perciò, come ringraziamento, si gira e ti morde come fa la serpe con chi l’ha ben nutrita. Ne discende che, oltre a fare del bene, occorre anche curare il modo, per non offendere i beneficati. Se vuoi fare del bene sta attento al come, perché ti candidi all’odio. Innanzitutto la persona intelligente e buona d’animo non odia mai nessuno, neanche se odiata: non raccoglie la provocazione e sopporta; se reagisse di petto, e odiasse, di fatto si arruolerebbe volontaria nelle file del male e contribuirebbe ad accrescerlo. In secondo luogo, chi si senta inferiore di due gradini rispetto al suo interlocutore non riesce ad odiare, perché il basso ha ammirazione per l’alto! E men che meno può odiare chi sia visibilmente superiore, semmai proverà compassione. L’odio, dunque, è proprio delle persone di modeste capacità che mal sopportano di essere poco considerate, e che aspirano a venire in luce, cosa di per sé umana, ma non potendolo fare alzando sé stesse, lo fanno sminuendo, abbassando, infangando o calpestando chi gli faccia ombra. E se non riescono a battere il cavallo percuotono la sella, ossia cercano di fare terra bruciata attorno all’odiato eliminando i suoi collaboratori (vendetta trasversale, alla mafiosa). L’ex marito e l’ex moglie, addirittura, usano i loro teneri virgulti per fare dispetti all’altro coniuge. Il solo fatto che uno approdi alla competizione anziché alla collaborazione la dice lunga sulla sua angustia mentale e su quanto spazio abbia concesso al Plagiatore. Ed è spesso il successo materiale e mondano a fargli imboccare questo vicolo cieco. Avendo sviluppato qualche qualità pratica, si illude di poter essere capace in tutti i campi, di essere un bravo stratega, e compete con arroganza facendo danni. Il suo complesso di superiorità nasce da una condizione di debolezza (inferiorità) non digerita o dall’impressione di essere stato perseguitato dalla sfortuna che ha messo ingiustamente sopra di lui persone meno capaci di lui. È alla ricerca di vendetta e di rivincita. Non c’è nessun male a scarseggiare in certe qualità: si eccellerà in altre! Il male sta nel non accontentarsi di quelle che la natura ci ha riservato e nell’ invidiare le grazie altrui.
La diagnosi di invidia è presto fatta, i sintomi sono evidenti ed inconfondibili. L’invidioso guarda con occhio bieco ed iroso l’altrui felicità/fortuna e bada a tutti i difetti e a tutte le piccole cose di quello a cui porta invidia per fargliene addebito. Inoltre, in-vidia è non poter sopportare la vista di colui che prospera e provare per esso un vivo rancore tanto da dover distogliere gli occhi da lui: “Non lo posso vedere”, si dice. Non per niente la pena riservata da Dante agli invidiosi in Purgatorio XIII colpisce gli occhi : “… ché a tutti un fil di ferro i cigli fora / e cuce sì, come a sparvier selvaggio / si fa però che queto non dimora.” Tanto è semplice la diagnosi quanto difficile la cura, perché il malato si affeziona alla sua malattia e si rifiuta di curarla.
A questo punto, all’orgoglio e all’ambizione, che non sono qualità , si aggiungono il rancore, la rabbia, e le gelosie. Stiamo implicitamente dicendo che costoro hanno venduto la loro anima al Diavolo pur di vedere distrutti gli “oggetti” del loro odio, e lo si desume dal freddo che emanano, dal loro sguardo torbido e sfuggente, dalla loro cattiveria sottile e dall’infelicità mascherata con sorrisi forzati. Ovviamente ammantano i loro difetti lupeschi con pelli di agnello, così da apparire in qualche modo dei moderati, dei missionari o dei crociati. Ma sono miti e sorridenti solo se li assecondi, altrimenti, se li contraddici, diventano aggressivi. E continuano imperterriti ad andare in chiesa e a fare la Comunione, perché sono assolutamente convinti di avere ragione, anzi, reputano le loro azioni degli atti di giustizia. Evidentemente l’odio e l’invidia acciecano le loro intelligenze al punto da negare persino le evidenze. Il loro dogma è cambiare l’esistente, e il loro pensiero dominante è disfare quello che hanno fatto gli altri a costo di rimetterci; sono contenti di gelare pur di far tremare un po’ dal freddo gli altri. I soggetti mediocri non riconoscono le superiorità altrui, perché pensano di essere loro stessi i migliori in tutto , e comunque pensano di non avere nulla da imparare da nessuno. E ciò che non possono dominare lo distruggono . Se poi, complice il principio di uguaglianza (la rivoluzionaria egalité ), si trovano in maggioranza, impongono i loro limiti. … Se sono responsabili delle loro azioni malvagie? Certo che lo sono; per arrivare a tale punto devono aver fatto uso del loro libero arbitrio: il male lo hanno scelto deliberatamente! Il loro è un peccato grave; se non recedono dai loro progetti sono perduti, riuscissero anche a prevalere sugli odiati riscuotendo successi strepitosi in campo professionale ed economico. Ciò non toglie che non possano ancora essere aiutati a ravvedersi e a salvarsi dalla dannazione eterna. La persona intelligente capisce ben presto di non avere a che fare solo con degli uomini, ma anche con i demoni che si sono insediati dentro di essi. A nulla serve dunque cercare di persuadere razionalmente (far ragionare) i propri assistiti: i neri cherubini che li abitano sono molto più convincenti di chiunque altro. Sei vittima dell’odio? Come avrai ben capito, l’arma del ragionamento è spuntata; hai un unico modo per sciogliere quel male: attaccarlo con l’arma dell’amore , ossia voler bene agli odiatori così come sono. Non devi combattere frontalmente il “malato” che ti guarda come nemico, perché è assistito da forze non umane delle quali difficilmente prende coscienza, in quanto esse gettano sassi dall’ombra con mani invisibili. Occorre perciò incaricare l’Amore in persona di combattere per te il Maligno che gli sta dentro. Dove c’è una situazione compromessa, bisogna pregare e lasciar fare al Supremo. E se Dio non risponde tic-tac alle tue richieste è perché i suoi progetti non sono i tuoi: pazienta! L’uomo di fede fa ciò che gli è possibile e chiede a Dio di fare ciò che a lui risulta impossibile.
Indovinello : “Ha l’acqua a disposizione ma preferisce morire di sete; che cos’è?” Risposta : “Il cane idrofobo (rabbioso). Avendo sviluppato idrofobia, rifiuta la sola cosa che potrebbe salvarlo: l’acqua.” Anche l’uomo che odia è come un cane rabbioso. Egli accumula rancore verso gli odiati al punto da ritenerli le ultime persone di cui aver bisogno, e preferisce lavorare giorno e notte che farsi aiutare.
[rif. www.lorenzoparolin.it L8/771]