PROGRESSO?

di Lorenzo Parolin[S3/72]

Nel 1950, per riuscire a far vivere in modo decoroso 100 Italiani, occorreva che 70 lavorassero sodo. Gli altri 30 erano bambini in età scolare e vecchi malandati. A quel tempo, la sanità, l’istruzione, il comparto della difesa e della giustizia, il settore bancario e assicurativo, gli stipendiati comunali, provinciali, statali e gli apparati politico-sindacali contavano in tutto poco più di tre addetti per ogni cento abitanti.
Da notare che la pratica religiosa era molto sviluppata.
È poi arrivato il boom economico.
L’elevata capacità di sfruttare le risorse energetiche naturali e l’avvento del lavoro assistito da macchinari ha consentito anche alle masse di condurre una vita agiata. Il lavoro minorile è sparito, sostituito dalla scuola dell’obbligo; la pensione ha messo a riposo chi aveva maturato 35 anni di contributi, e si sono moltiplicati i burocrati, i professionisti e i parassiti di Sistema.
A fine secolo, a lavorare produttivamente erano rimaste circa 20 persone su cento.
Poco male; c’era ancora da mangiare per tutti, ma le note dolenti incominciavano a farsi sentire. La cultura religiosa era quasi sparita; il debito pubblico era aumentato; la qualità dell’insegnamento scolastico era peggiorata; i mass media si erano specializzati ad eccitare ed intontire il popolo con trasmissioni spazzatura; i prodotti voluttuari, superflui e diseducativi erano diventati i più gettonati; la cultura del lavoro si era indebolita; gli individui erano diventati più fragili, più aggressivi, più annoiati e più esigenti; le famiglie avevano incominciato a disgregarsi con facilità; la ricerca della trasgressione si era intensificata; la malavita era dilagata ecc. ecc.
Risultato?
Il personale necessario per tenere a bada e per assistere un popolo così deteriorato è cresciuto di molto; inoltre, la qualità generale dei lavoratori attivi si è abbassata, e con essa la produttività.
Oggi, 2011, a fare lavori produttivi sono rimaste solamente 13.3 persone su cento, e pure poco motivate. Le altre 86.7, direttamente o indirettamente gravano su di esse. I bambini, gli studenti e i pensionati sono il 47,2%, le casalinghe, i mantenuti e i disoccupati sommano a 14,2%, gli stipendiati dallo Stato sono il 7.6% e gli occupati nel settore terziario (quello dei servizi ai privati e all’industria) sono il 17,7%. Agricoltura, pesca, edilizia, artigianato ed industria, i settori da cui dipendono i beni di primaria importanza, sono appena il 13.3%.
È chiaro ora perché siamo in crisi? Possono 13.3 persone, fossero anche scattanti come grilli , saziare cento bocche piene di pretese?
Riconosciuto che un cambiamento è necessario, c’è un’altra questione da dirimere: chi deve avviare i cambiamenti?
Tutti si aspettano che ad imporli siano quelli che stanno in alto, ma costoro sono gli ultimi a sentirne l’urgenza, perché essi prosperano proprio grazie alle anomalie del Sistema. Per essi, eliminarle, equivarrebbe a perdere il lavoro. Dovrà essere il popolo scottato dalla crisi a sollecitare a gran voce il risanamento , anche scendendo in piazza. In tempi brevi i manifestanti potrebbero ottenere la riduzione dei parassiti fannulloni, perché non più difendibili, ma poi, per ridurre certi burocrati, certi consulenti e certi servitori dello Stato occorrerà che ciascun cittadino lavori assiduamente su sé stesso in modo da risanarsi . Allora, non essendoci più bisogno di tante badanti sociali, gli “assistenti” in esubero sarebbero costretti a cambiare mestiere per mantenersi.
È il popolo ignorante, pigro, egoista, corrotto ed arrogante l’artefice di un progresso con risvolti così negativi! [Tratto da L6/892]

 

[rif. www.lorenzoparolin.it S3/72]