di Lorenzo Parolin[L1/77]
Piaccia o non piaccia, quando va bene, le cose stanno così: ogni persona ha un voto a disposizione e quello è l’unico modo per intervenire nella società e indurre i cambiamenti politici che desidera. Se hai le idee chiare vota quello che ti pare: sì, no, destra, sinistra, centro ecc. , ma se nessuna di queste posizioni ti soddisfa sappi che il sistema democratico non ha previsto la possibilità di farsi bocciare, perciò, non votare per dire che si è schifati dalla politica, oppure annullare la scheda per far sapere che nessuno dei contendenti è persona degna, sono soddisfazioni da poco. Il vero ricambio dei vertici non può avvenire attraverso le proteste, esse peggiorano solo la situazione, perché lasciano il potere di scegliere agli altri e, se costoro sono scadenti, i loro governi lo saranno ancor di più; è necessario invece che la protesta sia propositiva e consista nell’individuare e nel sostenere uomini validi. Se trovi che i politici sono insufficienti, devi agire al momento di fare le liste, proponendo candidati votabili o, ancor prima, formando persone sane e capaci: svegliarsi il giorno delle elezioni è troppo tardi. Un altro aspetto fondamentale, da non trascurare quando si va a votare, è quello di sapere il valore e i limiti di quell’azione, in modo da non caricarla di significati che non ha e non aspettarsi dalla democrazia ciò che essa non può dare. Chi si sofferma un istante a pensare nota che le elezioni democratiche sono prove di forza: blande, non cruente, accettate da tutti, ma sempre competizioni sono! ed esse identificano e premiano sempre il più forte. Le maggioranze, una volta ricevuta l’investitura ufficiale, prima provano a convincere gli oppositori con la propaganda, poi ci provano zuccherando le pillole amare, ma alla fine, se serve, sono autorizzate ad adoperare la forza, per curare gli interessi della propria parte. Accettare la democrazia, pertanto, significa riconoscere dignità all’egoismo e legalizzare l’uso della forza; questi princìpi differiscono da quelli delle dittature solo per la quantità di imperio esercitato, ma non per la qualità: sempre di sopraffazione si tratta. Dal momento che si è stabilito che i più forti di turno possono farsi servire dai più deboli, il bene di tutti non lo si potrà mai avere, e la lotta per conservare i privilegi, o per acquisirli, potrebbe degenerare anche in guerra. I litigi tra egoisti generano qualcuno di forte che dirime le controversie: il potere. Esso legalizza una certa quantità di violenza da esercitare su chi discute i comandi, ma quella violenza spesso subisce escalation ed è subito oppressione o guerra. Egoismi, democrazie e guerre sono tra loro strettamente legate e queste ultime sono i frutti maturi della malapianta dell’egoismo. La guerra perciò sta nel DNA dei sistemi basati sul “comando”, e quando le nostre democrazie a base egoistica dicono di ripudiarla non fanno altro che rinnegare le loro radici; ma “chi gatto nasce, prima o poi, sorci piglia” e allora lascia affiorare la sua vera natura, anche se aveva cercato di camuffarsi da paciere e se chiama la sua guerra “ingerenza umanitaria”. Quando si continua ad appiccare fuocherelli dappertutto, è normale che da qualche parte scoppi un incendio e perisca chi non ne ha colpa; quando si continua a strappare i peli al cane, è normale che questo si giri e morda il primo che trova; quando si vogliono avere tutti i pruriti grattati, è normale trovarsi sporchi di sangue. Il popolo spera nella politica e l’intellighenzia venera la democrazia, ma non si accorgono che, essendo basate sull’egoismo, generanoproprio ciò che essi vorrebbero eliminare: la violenza. Quando uno va a votare deve avere ben chiari in testa i limiti delle democrazie, per non rimanere perennemente deluso e sentirsi preso in giro. Se cerca la giustizia, la pace, l’uguaglianza e la fratellanza, le democrazie (così come le conosciamo) non potranno mai dargliele. Per fortuna i sistemi insani vincono solo transitoriamente e, se qualcuno non li abbatte prima, perché palesemente negativi, nel tempo si sgonfiano da soli. Ad ammainare le bandiere rosse dai torrioni del Cremlino non furono le truppe di occupazione di un esercito reazionario, ma lo stesso popolo che ve le aveva innalzate. Anche in occidente, in anni recenti, sono sorti poderosi laboratori per la programmazione economica, politica e sociale; essi hanno prodotto il benessere attuale, ma avendo ricorso alla manipolazione dell’informazione, allo sviluppo di tecniche per la cattura del consenso e volendo conservare l’egemonia delle classi dominanti, già si intravedono marcati i segni del declino morale conseguente, e questo, a lungo andare, produrrà l’incontrollabilità del sistema: immani sono le sofferenze che incombono sui popoli. Per scongiurare gli inevitabili disordini e le probabili guerre bisognerebbe demolire fino alle radici molto di ciò che è stato costruito superbamente dall’uomo; bisognerebbe dare cittadinanza onoraria alle leggi del Sinai e scrivere quelle umane ispirandosi ad esse; bisognerebbe capire che l’habitat naturale dell’uomo è l’amore e che qualsiasi altro ambiente lo fa crescere stentato, gli fa produrre frutti bacati e lo può anche far morire. Bisognerebbe lasciar emergere Dio e metterlo in primo piano, ma qualcuno giustamente dirà che proprio le religioni hanno prodotto le più grandi guerre. Ciò è avvenuto però perché i fedeli e le gerarchie di quelle religioni hanno travisato i comandi divini; se li avessero seguiti, di certo non sarebbe rimasto alcuno spazio per le violenze e tantomeno per le guerre. Nelle democrazie avanzate oramai vota solo il 50% degli aventi diritto; forse, il popolo, che non va più a votare, inconsciamente ha intuito che non è solo questione di uomini scadenti e di momenti storici, ma che è il sistema politico basato sul “potere” ad essere indegno di rappresentare e governare gli uomini, anche quando fosse perfezionato e altamente partecipato. Io capisco gli anarchici. Essi preferiscono il disordine a quell’ordine scellerato e violento che dall’alba della storia ha sempre umiliato il genere umano, però ci sono alternative migliori. Il mondo del volontariato, senza esserne pienamente cosciente, tanto da proporlo come sistema nuovo, soccorrendo chiunque sia nel bisogno, ha intuito che la strada del “servizio”, dell’altruismo, del dono e dell’amore è l’unica che possa risolvere tutti i problemi dell’umanità. L’amore, si sa, nasce là dove muore l’egoismo, ma questo per ora infesta il nostro mondo come le erbacce e i pruni infestano i terreni incolti, e l’impresa di sradicarlo appare disperata, per non dire impossibile. Un metodo semplice però ci sarebbe: basterebbe riconoscere i germogli dell’egoismo e strapparli prima che vegetino troppo. Ma quando! nella vita di ogni giorno, veniamo a contatto con gli embrioni dell’egoismo? Quando ad un incrocio intasato non lasci passare le macchine che devono solo attraversare; quando piantando un confine lo metti una spanna più in là del dovuto; quando dal piatto di portata ti servi due fette e l’ultimo commensale resta senza; quando per pubblicizzare i tuoi prodotti usi aggettivi falsi; quando dai la mancia all’impiegato perché tratti con riguardo il tuo affare; quando in comitiva ti accorgi che la bottiglia sta per finire e ti riempi il bicchiere colmo; quando ti porti a casa dal lavoro un paio di guanti senza chiederli; quando trovandoti in prima fila non ti abbassi affinché quelli di dietro ci vedano; quando sei gentile con la bella ragazza con la speranza che allarghi le gambe con te; quando il droghiere sbaglia a darti il resto e tu taci; quando facendo la fila all’italiana passi davanti a qualcuno; quando fai la corte alla donna di un altro e te ne vanti; quando camminando a tre tu devi sempre stare al centro; quando a torto o a ragione tieni il muso a tua moglie perché deve essere lei a piegarsi; quando parlando di un altro ingigantisci le sue colpe e minimizzi i suoi pregi; quando a tuo figlio che torna a casa da scuola picchiato gli insegni a picchiare più forte. Sembrano azioni innocue, ma sono proprio queste che combinandosi e interagendo con altre simili, a lungo andare danno origine alle grandi violenze e ai grandi disordini sociali. Se da bambino non hai vinto i piccoli egoismi, quando sarai capo di una grande nazione o generale di un grande esercito sarai capace di avviare guerre anche solo per rispondere a qualche modesto sgarbo o per una qualsiasi altra fisima. Per prima cosa bisogna trasformare l’uomo e renderlo buono e poi l’uomo trasformerà il mondo. La democrazia perciò da sola non vuol dire niente, non è garanzia di niente, non è buona in sé come molti ritengono che sia, essa è buona solo se i suoi uomini sono buoni: se la politica è fatta dalla canaglia, viva l’anarchia! È da preferire un disordine semplice ad un male organizzato. Quando le cose vanno male e scoppiano le guerre, si cercano e si condannano i “piromani”, si grida alle violenze e alle sofferenze degli inermi, si chiama “acqua” che farà danni incalcolabili per spegnere l’incendio, si rimuovono le “macerie” ma poi, anziché bandire e vietare quel materiale pericolosissimo che ha prodotto “l’incendio”, si ricostruisce continuando a basare tutto sull’egoismo, dando prova di non aver imparato la lezione. Si può insistere per quella strada, ma quante volte si sono già ripetuti gli stessi scenari? A casa mia direbbero: “Numeranonpòte!” (i numeri non bastano).
Tuttavia a me sembra che più il tempo passa più le cose si mettono in modo scomodo per chi vuole continuare a vivere nell’egoismo, e l’uomo, vedendo che tutto gli si rivolta contro, capirà che è meglio servire con amore.